Attenti al bagno!

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By mario

Le vacanze al mare bisogna godersele: ecco qualche suggerimento di buon senso per fare il bagno e per evitare seccature con congestioni, correnti impreviste e meduse.

Si può fare il bagno subito dopo avere mangiato? La saggezza popolare di casa nostra suggerisce di aspettare tre ore dopo l’ultimo pasto. Il rischio paventato da sempre è la congestione, ossia il blocco della digestione dovuto allo sbalzo termico tra la temperatura corporea e quella dell’acqua di mare. Congestione che, va sottolineato, non è un’esclusiva del tuffo in mare: analoghi rischi ci sono anche per avere consumato una bibita molto fredda o nel passaggio da un ambiente caldo a uno con aria condizionata alta.

Curiosamente, la regola delle tre ore è più una preoccupazione nostrana che di altri Paesi, dove magari si suggerisce di aspettare un’ora. Di fatto, i dati scientifici sulla connessione tra i pasti prima del bagno e il rischio annegamento sono pochi, tanto che la International Life Saving Federation definisce infondata la raccomandazione di evitare il bagno dopo i pasti.

Anche se i rischi di annegamento vero e proprio vengono da ben altri motivi, e il buon senso (quanto si è mangiato, quanto è fredda l’acqua) è il più utile metro per regolarsi, c’è però da dire che le canoniche tre ore di attesa tra il pasto e il bagno non sono una regola di prudenza campata in aria.

Consideriamo i tempi medi di permanenza dei cibi nello stomaco: un succo di frutta ci mette al massimo venti minuti per passare all’intestino, la frutta impiega circa mezz’ora (20 minuti l’anguria, 40 le mele), la verdura cruda 30-40 minuti, quella cotta 45-50, le patate 60. I carboidrati vengono generalmente digeriti nel giro di un’ora. Anche al latte scremato e ai formaggi freschi basta un’ora circa, mentre per i formaggi stagionati ce ne possono volere anche 4 o 5. Se il pasto consumato è a base di pesce, un’ora è più che sufficiente per la digestione, mentre per una bistecca di manzo ne servono 3 o 4, e fino a 5 per il maiale.

Che cosa fare se, in acqua, si è catturati da una corrente? Le correnti più pericolose sono le cosiddette correnti di ritorno, come spiega Andrea Gentile in La scienza sotto l’ombrellone (Codice Edizioni): si creano dall’incontro tra l’acqua che torna verso il largo e quella che viene a riva. Di solito si riesce a riconoscerle perché l’acqua della corrente è più scura rispetto a quella circostante, oppure si può presentare come una striscia di mare calmo rispetto al mare più mosso intorno.

Se ci si va a finire in mezzo, e ci si sente trasportati verso il largo, la cosa più sbagliata da fare è cercare di nuotare contro corrente per tornare a riva, perché si rischia di stancarsi presto e di non farcela. Meglio cercare di stare semplicemente a galla e di attirare l’attenzione, se c’è la possibilità. Oppure di provare a uscire dalla corrente nuotando parallelamente alla spiaggia: di solito queste correnti sono strette e perpendicolari alla riva, e la strada da fare per uscirne è poca.

E se ci punge una medusa?Se si è vittime di un incontro ravvicinato con questi abitanti dei mari, la prima cosa da fare è rimuovere i tentacoli rimasti attaccati alla pelle, che contengono a loro volta gliorganelli con il liquido urticante. La soluzione più semplice consiste poi nel risciacquare la parte colpita con acqua di mare, non con acqua dolce, che a sua volta favorisce la scarica del veleno. Ammoniaca, o addirittura l’urina, come suggerito da alcuni, non solo non funzionano contro le punture di medusa, ma possono peggiorare l’infiammazione della parte colpita. Contro il dolore, poi, bisogna applicare impacchi di ghiaccio. A meno che non si tratti di una caravella portoghese: in quel caso meglio acqua calda (a 40 °C) per una ventina di minuti.

Come riconoscere una caravella portoghese da una qualunque medusa? C’è il MeteoMeduse di Focus.it: con il poster delle specie più diffuse, la mappa degli avvistamenti nei mari frequentati dai nostri lettori e l’app per il vostro smartphone, per mettere online i vostri avvistamenti.

Fonte: Focus